Il Grande Fiorello contro il Grande Fratello 11: cosa di più simbolico per rappresentare il passaggio di clima tra il Berlusconi quater e il tentativo messo in campo dal neo senatore Mario Monti di dare un governo al nostro Paese? Sia lo showman siciliano che l’azzimato professore lombardo sembrano alieni rispetto al mondo che li circonda, alle sguaiatezze che caratterizzano il panorama politico-televisivo. Un certo imbarazzo c’è da parte di ambedue nel confrontarsi con il contesto che li circonda ma a nessuno dei due sembra mancare la sicurezza nei propri mezzi. In tutti e due c’è però anche la medesima “force tranquille” che, a fronte di un atteggiamento che pare dimesso (o, nel caso di Fiorello, disinteressato) riesce a piacere alle masse, stordite da troppi colori sgargianti e scenografie di cartapesta.
C’è da dire che anche i due grandi fratelli (quelle che fine a qualche giorno fa si alternava tra Palazzo Grazioli e Palazzo Chigi e quello televisivo) hanno subito da qualche tempo un calo poderoso dell’audience. Tutti e due stentavano a rappresentare il paese, dopo esserne stata fotocopia fedele per anni. E stentavano a rappresentarlo perché giunti alla loro rappresentazione più becera, alla narrazione dei più bassi istinti. Ai pochi che ancora seguono il reality quest’anno è capitato già di vedere di tutto anzi, ancora più che negli scorsi anni, di vedere il vuoto assoluto. E, si sa, il vuoto provoca vertigine.
Per cui rasserena molti il ritorno al varietà vecchio stile, citazionista, pieno di canzoni di Sinatra e classici della musica italiana. Rassicurante come un vecchio professore messo a capo di un governo, uno che non ha paura di mostrare gli anni che ha, che non fa per forza il simpatico e che, se non sa o non vuole rispondere ai giornalisti, semplicemente, non lo fa.
Naturalmente c’è il rovescio della medaglia in ambedue i soggetti della cosiddetta “svolta tecnica” di tv e politica. Sembrano non avere prospettiva, l’essere fuori dal tempo se da una parte rassicura d’altra toglie ogni speranza di uscire veramente dalla diarchia “presente di plastica-passato in bianco e nero”. E il loro orizzonte temporale limitato (Monti fin quando potrà, Fiorello per quattro puntate) sembra essere il segno che si tratti solo di un sogno di mezzo inverno e che dopo, inevitabilmente, tornare il palinsesto degenerato già visto. Esattamente come dopo Fiorello, è tornato Bruno Vespa…
(mds)